Cittą di Torino

Museo della Frutta

“…frutti modellati così vivamente dal vero da scambiarli coi naturali…” – Francesco Garnier Valletti

La sua tecnica

Innanzitutto, Garnier Valletti eseguiva un disegno dal vero a grandezza naturale e lo colorava meticolosamente, corredandolo di informazioni e appunti di carattere botanico e agronomico.

Poneva quindi il frutto in una cassetta di legno riempita di cenere umida, coprendolo di gesso per ricavarne lo stampo, composto di due parti congiungibili fra loro, nel quale colava infine l’impasto resinoso.

Una volta ottenuto il modello, lo lisciava sino a raggiungere il grado di levigatezza desiderato, innestando al suo interno un filo metallico a forma di gancio, utile per appendere il frutto durante la coloritura che, in ultimo, accorciava e ricopriva con la cera per imitare il picciolo.

All’estremità opposta del picciolo collocava i sepali e gli organi fiorali, utilizzando fili, stoffa, carta, stoppa e, a volte, persino quelli veri, prelevati dai frutti e fatti essiccare.

Il suo perfezionismo si spingeva al punto che, prima di sigillare definitivamente il modello, aggiungeva miscela sino ad eguagliarne il peso originale. Collocava, poi, all’interno un foglietto che riportava il suo nome e cognome e l’anno d’esecuzione (abitudine mutuata dai tassidermisti dell’epoca).

Dopo aver steso su tutto il frutto  un primo strato di biacca, levigava la superficie in modo da togliere qualsiasi imperfezione, spalmando poi via via strati alternati di pece greca, (cioè colofonia), resina dammar e ancora biacca. Solo allora s’accingeva a stendere il colore e, in ultimo “dava la pelle”, con vernice opaca oppure lucida, a seconda del tipo di frutto da imitare.

In ultimo, con artifici diversi, riproduceva macchie, lenticelle, rugginosità e irregolarità tipiche di ciascuna varietà.

Gli album e le centinaia di disegni di Francesco Garnier Valletti dimostrano una grande perizia e il raggiungimento di disegno naturalistico.

Con Garnier Valletti il modellismo pomologico italiano raggiunse il suo apice ed egli resta, dunque, l’ultimo e insuperato maestro della “pomologia artificiale”, come egli stesso amava definire la sua opera e della quale aveva, senz’altro, un altissimo concetto.

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